GIURISPRUDENZA IN TEMA DI RISCALDAMENTO
In tema di condominio degli edifici, è illegittimo l’uso della canna fumaria condominiale consistente nell’occupazione dell’intero vano, distaccandola dal preesistente impianto di riscaldamento centralizzato ed impedendo in tal modo una futura utilizzazione da parte del condominio. Cass. n. 6470/09
Nel caso in cui l’assemblea deliberi – a maggioranza delle quote millesimali ed in conformità agli obiettivi di risparmio energetico di cui alla legge n. 10 del 1991 -, la sostituzione dell’impianto di riscaldamento centralizzato a gasolio con autonomi impianti a gas metano, non occorre, ai fini della validità della delibera, che questa sia corredata del progetto e della relazione tecnica di conformità, poiché la legge distingue la fase deliberativa da quella attuativa, attribuendo alla prima la mera valutazione di convenienza economica della trasformazione ed alla seconda gli aspetti progettuali, ai fini della rispondenza del nuovo impianto alle prescrizioni di legge. Una volta deliberata la sostituzione, il condominio, e per esso l’amministrazione, deve provvedere a tutte le opere necessarie, tranne quelle rientranti nella disponibilità dei singoli condomini, perché questi, sia pure dissenzienti, possano provvedere ad allacciare le varie unità immobiliari al nuovo sistema di alimentazione. Cass. n. 4216/09
La spesa per l’installazione della canna fumaria a seguito della trasformazione del riscaldamento centralizzato in impianti autonomi deve essere ripartita tra tutti i condomini. Infatti nel caso di trasformazione ex legge n. 10/1991 dell’impianto di riscaldamento centralizzato in impianti autonomi, la canna fumaria obbligatoria per le evacuazioni dei fumi – alla quale tutti i condomini sono tenuti ad allacciarsi – non può che essere un bene comune, la cui installazione o manutenzione deve necessariamente gravare su tutti i condomini, nelle proporzioni millesimali previste. Pertanto ne consegue che non è più consentito alla minoranza dissenziente di mantenere in esercizio il dismesso impianto, risolvendosi una tale eventualità in un dispendio maggiore di energia e non di quel risparmio perseguito dalla legge. Cass. n. 27822/08
In tema di condominio, nel caso in cui un condomino utilizzi la canna fumaria dell’impianto centrale di riscaldamento, nella specie per lo scarico dei fumi da una pizzeria, dopo che questo sia stato disattivato dal condominio, sussiste violazione dell’art. 1102 c.c., trattandosi non di uso frazionato della cosa comune, bensì della sua esclusiva approvazione e definitiva sottrazione alle possibilità di godimento collettivo, nei termini funzionali praticati, per legittimare le quali è necessario il consenso negoziale (espresso in forma scritta “ad substantiam”) di tutti i condomini. Cass. 26737/08
Il condomino può legittimamente rinunciare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione degli altri condomini e, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco no si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini. La delibera assemblerare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è affetta da nullità, e non da annullabilità, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune. Cass. n. 16365/07
La cessazione dell’impianto condominiale di riscaldamento non si amplia automaticamente alla canna fumaria, che deve essere qualificata come un prodotto autonomo dell’impianto: l’uso della canna fumaria, come condotto dei prodotti della combustione dell’impianto di riscaldamento, rappresenta infatti solo una delle sue possibili utilizzazioni. Se un bene è comune – per la la sua destinazione e funzione – ad uno o più edifici condominiali, la sua dismissione deve essere decisa dai proprietari degli edifici condominiali. Cass. n. 10647/07
Il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune, ovvero abbia offerto la prova che dal distacco non derivano nè un aggravio di gestione o uno squilibrio termico, essendo in tal caso esonerato soltanto dall’obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, se il contrario non risulti dal regolamento condominiale.
Di conseguenza, è legittima la delibera condominiale che pone a carico anche dei condomini che si siano distaccati dall’impianto di riscaldamento le spese occorrenti per la sostituzione della caldaia, posto che l’impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale i predetti potranno comunque riallacciare la propria unità immobiliare. Cass. n. 7708/07
Il distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento deve ritenersi vietato ove incida negativamente sulla destinazione obiettiva della cosa comune, determinando uno squilibrio termico ed un aggravio di spese per i condomini che continuano a servirsi dell’impianto; è consentito, invece, quando è autorizzato da una norma del regolamento contrattuale di condominio o dalla unanimità dei partecipi alla comunione ovvero anche quando venga fornita la prova che dal distacco non può derivare alcuno dei predetti inconvenienti. Cass. n. 15079/06
Nel caso di colpevole omissione del condominio di provvedere all’adeguamento e alla riparazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento, per insufficiente erogazione di calore nell’appartamento di un condomino, si può pretendere il risarcimento del danno conseguente subito, ma non la restituzione dei contributi versati per il godimento del servizio fornito in precedenza anche se entro determinati limiti. Cass. n. 12956/06
Il singolo condomino non è titolare verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica (ossia caratterizzato da un legame di reciprocità delle rispettive prestazioni), poiché l’obbligo di pagamento degli oneri condominiali trova causa nella disciplina del condominio e non in un rapporto contrattuale che obblighi.
Il condomino può chiedere il risarcimento del danno subito per insufficiente erogazione di calore nell’appartamento in caso di colpevole omissione del condominio stesso di provvedere all’adeguamento e alla riparazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento.
La Cassazione ha però precisato che spetta solo il risarcimento del danno subito e non anche la restituzione dei contributi condominiali versati dal singolo condomino per il godimento del servizio fornito. Cass. n. 12956/06
Il singolo condomino non è titolare verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica (ossia caratterizzato da un legame di reciprocità delle rispettive prestazioni), poiché l’obbligo di pagamento degli oneri condominiali trova causa nella disciplina del condominio e non in un rapporto contrattuale che obblighi.
Il condomino può chiedere il risarcimento del danno subito per insufficiente erogazione di calore nell’appartamento in caso di colpevole omissione del condominio stesso di provvedere all’adeguamento e alla riparazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento.
La Cassazione ha però precisato che spetta solo il risarcimento del danno subito e non anche la restituzione dei contributi condominiali versati dal singolo condomino per il godimento del servizio fornito. Cass. n. 12956/06
L’articolo 26, comma 2, della legge n. 10 del 1991 prevede gli interventi in parti comuni degli edifici condominiali, volti al contenimento del consumo energetico e (congiuntamente) alla utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1. Esso consente di deliberare a maggioranza semplice l’eliminazione di un bene comune a tutti i condomini, come l’impianto di riscaldamento centralizzato, in quanto il passaggio di tale impianto agli impianti autonomi venga attuato in previsione del contenimento dei consumi energetici con l’uso delle fonti alternative di energia indicate dalla legge al precedente articolo 1 ovvero con la trasformazione di esso in impianti unifamiliari a gas, come previsto dall’articolo 8, lettera g).
Pur non prevedendosi, ai fini della validità di una tale delibera, che la stessa sia accompagnata dal progetto di opere corredato dalla relazione tecnica di conformità (attenendo il progetto alla fase successiva di esecuzione della volontà assembleare) la norma derogatrice delle maggioranze (altrimenti previste dal codice civile) è pur sempre inserita in un sistema inteso a favorire la trasformazione degli impianti in vista del risparmio energetico e dell’uso di particolari fondi di energia. La delibera di soppressione dell’impianto di riscaldamento centralizzato presa a maggioranza deve, pertanto, per essere valida, almeno prevedere il tipo di impianto che sarà installato, tra quelli di cui alla legge n. 10 del 1991, pur senza la sottoposizione e l’approvazione, da parte dell’assemblea, del progetto esecutivo, non essendo sufficiente la sola previsione che l’impianto centralizzato di cui si delibera l’abolizione verrà sostituito, a iniziativa dei singoli condomini, con impianti autonomi. Essendo, infatti, tale iniziativa meramente eventuale e non programmata, siffatta delibera si ridurrebbe alla mera soppressione del servizio, senza il consenso di tutti i condomini aventi diritto a usufruirne. Cass. n. 16980/05
Qualora nell’edificio condominiale vi siano locali non serviti dall’impianto di riscaldamento centralizzato (box, cantine), i condomini titolari soltanto della proprietà di tali locali, non sono contitolari dell’impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessorietà materiale e funzionale all’uso o al servizio di quei beni; cosicché, venendo meno il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune dell’impianto viene meno anche l’obbligazione propter rem di contribuire alle spese per la conservazione dello stesso. Cass. n. 1420/04
In materia di condominio negli edifici, incombe al condomino che abbia ottenuto il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato l’onere di chiedere al condominio di poter (nuovamente) allacciare la propria unità immobiliare all’impianto comune e di sopportarne la relativa spesa. Cass. n. 1558/04
Il singolo condomino può distaccarsi dal riscaldamento centralizzato laddove dimostri che il distacco non crei danni e squilibri nel funzionamento del bene comune. In questo caso egli dovrà pagare solo le spese per la conservazione del bene e non anche quelle per l’uso. Cass. n. 5974/04
Il condomino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini, se prova che dalla sua rinunzia e dal distacco non derivano né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio. Soddisfatta tale condizione, egli è obbligato a pagare soltanto le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale, mentre è esonerato dall’obbligo del pagamento delle spese per il suo uso. Cass. n. 5974/04
La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma secondo, della legge 9 gennaio 1991 n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui all’art. 28, comma primo, della stesa legge, attenendo tale progetto alla successiva fase di esecuzione della delibera. Le suddette norme, nell’ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa “interna ” (attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell’art. 1120 c.c.) da una fase esecutiva “esterna” (relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione), e solo per quest’ultima propongono gli adempimenti in argomento. (L. 9 gennaio 1991, n.10, art. 8; L. 9 gennaio 1991, n. 10 art. 26). Cass. n. 1166/02
L’obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie alla conservazione ed al godimento del servizio centralizzato del riscaldamento (come di ogni altra parte comune) non viene meno per la semplice circostanza che l’impianto non eroghi sufficiente calore né, quest’ultima circostanza, può giustificare un esonero dal contributo. Tuttavia, in caso di insufficiente erogazione della giusta quantità di calore, il condomino può far valere la lesione al suo diritto ad una adeguata erogazione di calore, previo accertamento giudiziale del danno subito e della sua liquidazione, riferibile, da un lato, ai contributi pagati – a questo scopo – al condominio e, da un altro lato alle spese affrontate per supplire – con mezzi propri – alla carente erogazione del servizio centralizzato. Cass. n. 12596/02
La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianto unifamiliare a gas, ai sensi della legge n. 10 del 1991, necessita della maggioranza delle quote millesimali, secondo il disposto dell’art. 26, comma 2, della stessa legge, in deroga agli art. 1120 e 1126 c.c. e non richiede ai fini della sua validità di essere accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28, comma 1, attenendo tale progetto alla successiva fase di esecuzione della delibera. Cass. n. 7130/01
I proprietari delle unità immobiliari (nella specie, mansarde) che, per ragioni di conformazione dell’edificio, non siano servite dall’impianto di riscaldamento centralizzato non possono legittimamente vantare un diritto di condominio sull’impianto medesimo, perché questo non è legato alle dette unità immobiliari da una relazione di accessorietà (che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio), e cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale consistente nella destinazione all’uso o al servizio delle medesime. Il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, difatti, se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso (ovvero siano destinati all’uso o al servizio) di alcuni soltanto dei piani o porzioni di piano dell’edificio. Cass. n. 7730/00
La sostituzione della caldaia termica, se quella esistente è obsoleta o guasta, deve considerarsi atto di straordinaria manutenzione, in quanto diretto semplicemente a ripristinare la funzionalità dell’impianto e non a creare una modificazione sostanziale o funzionale della cosa comune deve essere ricondotta invece alle modifiche migliorative dell’impianto, e non alle innovazioni dello stesso, la sostituzione della caldaia termica, ancora funzionante, se ha lo scopo di consentire l’utilizzazione di una fonte di energia più redditizia e meno inquinante. Cass. n. 238/00
La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma 2, l. 9 gennaio 1991 n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui all’art. 28, comma 1, della stessa legge, attenendo tale progetto alla successiva fase di esecuzione della delibera. Cass. n. 1165/99
La presunzione di comproprietà posta dall’art. 1117 n. 3 c.c. opera con riferimento alla parte dell’impianto di riscaldamento che rimane fuori dai singoli appartamenti e non pure con riferimento alle conduttore che si addentrano negli appartamenti stessi e sono di proprietà dei titolari (La S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c. il proprietario dell’appartamento all’interno del quale erano poste le condutture che, in conseguenza del loro taglio e della fuoriuscita dell’acqua, avevano prodotto danni all’appartamento sottostante). Cass. n. 9940/98
La modifica del tipo di alimentazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato da gasolio a metano non costituisce un’innovazione ma, se l’impianto preesistente è obsoleto o guasto, rappresenta una manutenzione straordinaria, mentre se il preesistente bruciatore è ancora funzionante, la sua sostituzione rientra nelle semplici modifiche migliorative dell’impianto, ove diretta a utilizzare una fonte di energia più redditizia e meno inquinante.
A ciò consegue che per l’approvazione della relativa delibera non è richiesta la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 5, del c.c. Corte app. civ. Roma, 7 maggio 1997, n. 1517
Il condomino di un edificio non può operare, ostandovi gli art. 1102 e 1120 c.c., innovazioni sul tratto di pertinenza del proprio appartamento dell’impianto comune di riscaldamento in guisa da impedire l’utilizzazione dell’impianto da parte degli altri condomini. Cass. n. 4023/96
Il distacco delle diramazioni relative ad una o più unità immobiliari dell’edificio condominiale dall’impianto di riscaldamento è consentito quando il condominio interessato provi che da questo deriverà un effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non si verificherà uno squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento dell’impianto centrale stesso. Cass. n. 1597/95
Nel caso di attraversamento da parte dei tubi dell’impianto termico condominiale di un vano di proprietà esclusiva non fruente di detto impianto si deve ravvisare l’esistenza di una servitù prediale di conduttura di liquidi a carico di tale vano ed a vantaggio delle altre parti dell’edificio e non la semplice configurazione di opere, installazioni e manufatti di uso e godimento comune ai sensi dell’art. 1117, n. 3 c. c., la quale presuppone gli estremi del reciproco vantaggio con la conseguenza che per la sua costituzione non è sufficiente il mero consenso verbale del proprietario del vano e la mancata opposizione alle relative delibere condominiali, essendo richiesta per detto consenso la prescritta forma scritta. Cass. n. 1523/88
In tema di condominio degli edifici, qualora il bene comune, come l’impianto di riscaldamento, si trovi in situazione di inscindibilità materiale o funzionale con i manufatti afferenti alle porzione di proprietà esclusiva dei singoli condomini (nella specie: trattandosi di impianto realizzato con serpentine inserite nei solai), il potere del regolamento e, correlativamente, dell’assemblea dei condomini nel rispetto del regolamento, di provvedere in ordine alla gestione di detto bene comune (nella specie: ripartendo fra tutti i condomini le spese di riparazione delle serpentine dei singoli appartamenti) non resta escluso a causa della inevitabile incidenza riflessa di tale gestione su quelle proprietà esclusive. Cass. n. 960/83