RIPARTIZIONE SPESE CONDOMINIALI

L’obbligo del condomino di partecipare alle spese di manutenzione delle cose e dei servizi comuni in proporzione della quota posseduta nasce dalla legge, preesiste sia all’elaborazione delle tabelle millesimali, sia alla stessa delibera assembleare che vi dà contenuto concreto, ed il relativo diritto di credito del condominio costituisce obbligazione propter rem, il cui tempestivo soddisfacimento è in rapporto alla essenziale finalità della conservazione e godimento delle cose comuni.

I condomini non sono terzi estranei rispetto al condominio per quanto riguarda la proprietà, il godimento e la gestione delle parti, degli impianti e dei servizi comuni, proprio perché ne sono essi stessi proprietari, sia pure pro quota. Infatti l’obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie alla conservazione e al godimento delle parti comuni dell’edificio, alla prestazione dei servizi nell’interesse comune e alle innovazioni deliberate dalla maggioranza trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio.

La più recente giurisprudenza ha affermato che l’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera dell’assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della successiva delibera di ripartizione , volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente, e che può anche mancare ove esistano tabelle millesimali, per cui l’individuazione delle somme concretamente dovute dai singoli condomini sia il frutto di una semplice operazione matematica.

Negli edifici in condominio, i condòmini devono farsi carico pro quota delle spese necessarie alla conservazione ed alla manutenzione delle parti e dei servizi comuni, correlativamente al diritto di usarne e goderne. Si tratta di un’obbligazione reale, in quanto connessa alla contitolarità del diritto dominicale sui beni e sui servizi comuni. Il condòmino non può sottrarsi al contributo nelle spese rinunziando al diritto sugli anzidetti beni e servizi (art. 1118, II° co., c.c.):

Le spese necessarie, quindi, per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio salvo diverso accordo, si ripartiscono secondo il disposto dell’art. 1123, il quale pone in risalto tre principi:

a) CRITERIO DELLA RIPARTIZIONE IN PROPORZIONE AL VALORE DELLA PROPRIETA’

Le spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi comuni nell’interesse comune, per le innovazione deliberate dalla maggioranza, sono ripartite in proporzione al valore della proprietà, salvo diversa convenzione;

b) CRITERIO DELLA RIPARTIZIONE IN BASE ALL’USO CHE OGNI CONDOMINO PUO’ FARNE

Se ritratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese vengono ripartire in proporzione all’uso che ciascuno può farne;

c) CRITERIO DEL GODIMENTO CHE OGNI CONDOMINO PUO’ TRARRE DALLA COSA

Qualora si abbia più scale, cortili, lastrici, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

Deve precisarsi che per ”conservazione” secondo l’accezione più comune, si deve intendere soprattutto la “manutenzione”, cioè tutte le spese necessarie per assicurare che i beni comuni conservino la loro funzionalità ed utilità. In tal senso l’attività di manutenzione si distingue in straordinaria e ordinaria. Ove la ripartizione delle spese sia avvenuta in sede di approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1135, n. 3, c.c., l’obbligo di pagamento diviene parimenti attuale dal momento di approvazione della relativa delibera.

Il criterio basilare previsto dal codice civile per la determinazione della quota di ciascun condòmino è quello della proporzionalità. Ognuno deve partecipare e, quindi, contribuire alle spese condominiali in proporzione al valore della sua proprietà, desunto dalla tabella millesimale, salva diversa convenzione (art. 1123, I° co., c.c.).

L’art. 1123 c.c. nella parte in cui stabilisce che “se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne” fa riferimento alle ipotesi in cui la cosa comune sia oggettivamente destinata a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa. Occorre, dunque, avere riguardo non già al godimento effettivo e concreto, bensì al godimento potenziale che il condomino può ricavare dalla cosa comune.

Il criterio della proporzionalità è temperato da quello dell’uso ove si tratti di spese relative a beni o servizi destinati a servire i condòmini in misura diversa: tali spese, infatti, sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascun condòmino può farne (art. 1123, II° co., c.c.). Costituiscono una pratica attuazione di questo principio gli artt. 1124, 1125 e 1126, che regolano rispettivamente la ripartizione delle spese per le scale, per i soffitti, le volte e i solai, e per i lastrici solari di uso esclusivo.

Qualora l’edificio condominiale abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte soltanto dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione fanno carico, sempre in base ai millesimi di proprietà, ai soli condòmini che ne traggono utilità (art. 1123, ult. co., c.c.).

L’obbligo di pagamento delle spese condominiali incombe, altresì, su colui il quale sia subentrato nei diritti di un condòmino (es. al compratore o al donatario): il subentrante, più precisamente, è obbligato, solidalmente con il proprio dante causa, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente, ancorché le relative spese siano state deliberate da un’assemblea svoltasi in epoca precedente all’acquisto (art. 63, II° co., disp. att. c.c.). Sono, inoltre, solidalmente tenuti al pagamento delle spese i comproprietari pro-indiviso di uno stesso piano o porzione di piano (es. eredi o coniugi), sicché l’amministratore può esigere da uno qualsiasi di essi l’adempimento della relativa obbligazione.

La ripartizione delle spese riguarda le spese necessarie, ossia le spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni, quelle per la manutenzione e per il funzionamento degli impianti e servizi comuni e quelle per le innovazioni deliberate nell’assemblea condominiale.
Pertanto i condomini dissenzienti non possono contestare in sede di rendiconto una spesa che essi giudicano inutile, ma devono limitarsi a discuterne l’opportunità in sede di bilancio preventivo.
In pratica i condomini che non sono d’accordo nel procedere a tale spese devono sollevare tale loro obiezione in sede di assemblea al fine di persuadere anche tutti gli altri condomini o almeno la maggioranza di essi ad evitare detta spesa. Se comunque la spesa viene approvata in sede di assemblea anche i condomini dissenzienti devono partecipare e contribuire per la loro quota non potendosi sottrarre a quanto statuito dalla maggioranza assembleare.

Le norme in materia di spese condominiale possono comunque essere derogate dall’unanimità dei condomini attraverso il regolamento condominiale. I condomini sono obbligati a corrispondere le spese condominiali anche quando il loro appartamento è vuoto o inutilizzato. Può aversi, infine, l’ipotesi che l’immobile sia gravato da usufrutto: in tal caso, le spese vanno ripartite tra l’usufruttuario, tenuto a farsi carico delle spese di gestione e manutenzione ordinaria, ed il nudo proprietario, che deve sopportare, invece, le spese di conservazione e manutenzione straordinaria.

Infatti usufruttuario e nudo proprietario rispondono in solido delle obbligazioni verso il condominio: questo è un principio assodato anche in giurisprudenza. All’usufruttuario spettano “gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa. Sono a suo carico anche le ripartizioni straordinarie rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione” (art. 1004 c.c.).

A carico del nudo proprietario (art. 1005 c.c.) sono le riparazioni straordinarie, ossia quelle “necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzioni delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”. L’elenco del codice civile non è tassativo né esaustivo. Si ritiene che rientrino nelle riparazioni straordinarie tutte le spese non prevedibili come effetto normale dell’uso e del godimento della cosa, che consistano nella sostituzione o nel ripristino di parti essenziali della struttura della cosa, il cui costo risulti sproporzionato rispetto al reddito normale prodotto dalla cosa stessa.

In linea generale, ai fini della ripartizione delle spese condominiali tra nudo proprietario e usufruttuario, occorre riferirsi al criterio della natura delle opere da realizzare. L’usufruttuario, avendo l’uso e il godimento della cosa, sarà responsabile per tutto ciò che attiene alla conservazione e al godimento della cosa stessa sotto il profilo materiale e della sua attitudine produttiva. Mentre saranno riservate al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa. Pertanto, spese come quelle di rifacimento della caldaia, di assicurazione del fabbricato, di manutenzione del tetto, non assumono quel carattere di straordinarietà come sopra delineato, ma piuttosto vanno fatte rientrare nell’alveo delle spese relative all’amministrazione e alla conservazione del bene in quanto idonee a preservarne l’attitudine produttiva, con conseguente attribuibilità dei relativi oneri all’usufruttuario (Trib. civ. Roma, n. 29809/04).