La disciplina
Per definizione il condomino apparente è colui che sembra tale, comportandosi, di fatto, come condomino, ma tale non è in quanto non risulta essere proprietario dell’unità immobiliare in questione.
Tali situazioni si verificano piuttosto spesso, soprattutto nel caso di un genitore che doni l’immobile ad un figlio, pur continuando ad abitarci e, quindi, ad averne l’effettivo possesso. Se l’amministratore non viene informato, continua in perfetta buona fede, a convocare, ad esempio alla riunione di condominio, il genitore continuandolo a credere legittimato in tal senso. Peraltro, con la sua presenza in assemblea, questi non fa altro che alimentare tale credo.
Le problematiche sul tema, si evidenziano nel momento in cui nasce una morosità in capo all’unità immobiliare. La giurisprudenza degli anni passati, considerava legittima l’azione giudiziale per il recupero dei contributi condominiali nei confronti di colui il quale si fosse sempre comportato come condomino (Cass. N. 907/81; n. 5818/84; 9079/99).
In effetti secondo tale orientamento, l’amministratore di condomino poteva invocare il principio dell’apparenza del diritto, che giustifica il pagamento della quota per spese comuni da colui che si comporta come condomino. La legittimazione di tale richiesta è insita nel comportamento tenuto, tale da ingenerare la convinzione di essere proprietario di un’unità immobiliare, quando tale convinzione non sia suffragata dalla consultazione dei registri immobiliari.
E’ chiaro che un orientamento del genere, snelliva l’attività dell’amministratore: il fondamento della pretesa era l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria connessa con la titolarità del diritto di proprietà, e non il diritto di per sé.
A partire dagli anni ’90 la giurisprudenza ha iniziato a discostarsi dai principi suesposti, arrivando ad assumere un orientamento del tutto differente, ritenendo, quindi, l’illegittimità di dette richieste.
Nello specifico il principio dell’apparenza non può trovare applicazione nel rapporto tra condominio, ente di gestione a tutti gli effetti, ed i singoli condomini che ne fanno parte i quali non possono considerarsi terzi in buona fede.
Peraltro, è stato più volte sancito il principio che l’amministratore, in relazione all’adempimento dei suoi obblighi, deve conoscere “la reale titolarità del bene condominiale” ” (Cass. N. 6653/98).
Più di recente si è ritenuto che “in tema di ripartizione delle spese condominiali è passivamente legittimato rispetto all’azione giudiziaria per il recupero della quota di competenza, colui che si effettivamente individuato come proprietario esclusivo dell’unità immobiliare, non potendo l’azione stessa essere proposta contro colui il quale, con le sue dichiarazioni e comportamenti, anche univoci, abbia ingenerato nell’amministratore il ragionevole convincimento che si tratti dell’effettivo condomino, in quanto in materia condominiale non può trovare applicazione il principio dell’apparenza del diritto, mancando una relazione di terzietà tra il condomino ed il condominio, che non ha una soggettività giuridica diversa da quella dei semplici condomini” (Cass. N. 23994/04).
Il contenuto di tale pronuncia è stato ribadito con la successiva pronuncia S.C. n. 12709/02. Non ultima, il principio è stato consolidato con sentenza del Tribunale di Roma n. 13764/05, con la quale il giudice accoglieva l’opposizione presentata dal condomino apparente, sotto il profilo dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva. In tale fattispecie veniva precisato che nell’ipotesi in cui l’amministratore agisca in sede contenziosa per il recupero di spese di competenza, l’osservanza del dovere di consultazione dei registri immobiliari, presso la conservatoria, assume rilievo ed è preminente, rispetto al contrapposto dovere di correttezza ed informativa da parte del condomino, per l’individuazione del vero soggetto obbligato.
Il Tribunale ha confermato il principio già espresso dalla Cassazione, secondo cui l’amministratore ha l’onere di individuare il proprietario dell’immobile. Tale onere si ricollega ad una normale regola di prudenza di cui deve farsi carico chiunque intenda dare promuovere un’azione giudiziaria.
Da tale orientamento, peraltro ormai consolidato, si possono trarne una serie di considerazioni: la circostanza di non perseguire il condomino apparente può sembrare un premiare il comportamento di colui che si è comportato come condomino pur senza esserlo, violando così i doveri di correttezza e di informazione che regolano il condominio; il principio di affidamento è posto proprio a salvaguardia della buona fede dell’amministratore e del condomino. Inoltre, da quanto analizzato scaturisce, in maniera inequivocabile, il principio secondo cui l’amministratore ha l’onere di individuare il proprietario dell’immobile.
Quindi, l’obbligo di consultazione dei registri immobiliari presso la conservatoria assume rilievo ed è preminente, rispetto al contrapposto obbligo di correttezza e informativa da parte del condomino, per l’individuazione del verso soggetto obbligato. Per la giurisprudenza detto obbligo risponde a regola di normale prudenza, alla quale anche l’amministratore di condominio deve attenersi al fine di accertare l’effettivo legittimato passivo, allorché, si vuole dare inizio ad una azione giudiziaria.