GIURISPRUDENZA AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO

L’art. 1129, VII co. c.c. impone all’amministratore di far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, oltre che quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio medesimo. E’, infatti, motivo di revoca giudiziaria non utilizzare il conto corrente, ovvero utilizzarlo recando confusione fra il patrimonio dell’amministratore e quello del/i condominio/i amministrato/i (art. 1129, XI e XII co. c.c.).
Nell’ordinanza la S.C. precisa che, però, “spetta al Fisco indicare gli elementi concreti, diversi dalla semplice relazione con l’intestatario, che collegano il conto al contribuente, elementi che ben possono essere anche di semplice valenza presuntiva, quali l’assenza di fonti apparenti che giustifichino i versamenti in conto oppure la coincidenza tra versamenti o prelevamenti e operazioni di presumibile equivalente valore effettuate dal contribuente o anche l’abnormità delle movimentazioni di denaro rispetto all’attività del titolare del conto, elementi che l’Agenzia non ha in alcun modo fornito nel caso in esame”.
È, quindi, l’Amministrazione finanziaria che deve indicare elementi concreti e circostanziati in grado di reggere al vaglio della giustizia tributaria chiamata a valutare la legittimità dell’avviso di accertamento.
Cass. n. 3211/2020

La pretesa vantata in giudizio dell’amministratore di condominio in merito ad un credito vantato dallo stesso nella passata gestione, può essere provata solo se la contabilità condominiale è chiara. Nello specifico, al fine di vedersi riconosciuti onorari e anticipazioni effettuate per il condominio, l’amministratore ha l’onere di provare il proprio credito e dimostrare di avere tenuto una contabilità chiara e corretta. La S.C. ravvisa come nei verbali d’assemblea condominiali contestati, l’amministratore mai avesse fatto alcun riferimento alle somme invece domandate in via monitoria. Peraltro i consuntivi degli anni contestati, erano stati regolarmente approvati senza alcuna menzione a presunti debiti con l’amministratore, né per mancato versamento dei suoi onorari, né tantomeno per anticipazioni effettuate per conto del condominio.
L’onere della prova sulle somme contestate, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1218 e 2697 c.c., incombe sul preteso creditore delle somme oggetto di causa.
Tribunale di Milano 27 gennaio 2020, n. 734

L’obbligo di rendiconto che, quale mandatario con rappresentanza dei condomini, l’amministratore è tenuto a osservare con riferimento alle somme detenute per conto del condominio, può dirsi adempiuto quando questi abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell’entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi funzionali all’individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione.
Cass. n. 1186/2019

I coniugi in comunione legale vanno convocati congiuntamente all’assemblea di condominio. La S.C. ha evidenziato come il vizio non sarebbe sanabile neppure se il coniuge comproprietario fosse presente in assemblea. Se, invece, non fosse convenuto, il coniuge presente dovrebbe avere una delega scritta per rappresentare l’assente (art. 67, 1 co., disp. att. c.c.).
Rappresenta, quindi, un preciso onere dell’amministratore, aggiornare l’anagrafe dei condòmini accertando sia il regime vigente tra i coniugi, sia che l’immobile posto nel condominio non sia un bene personale di uno solo di essi (art. 179 c.c.).
Corte d’Appello di Catania 23 aprile 2019, n. 924

Una richiesta di risarcimento danni a titolo di “rivalsa” per inadempimento contrattuale proposta dal condominio contro l’amministratore circa la mancata regolarità delle convocazioni di assemblea effettuate, evidenzia come l’art. 66 disp. att. c.c. preveda che sia compito dell’amministratore convocare l’assemblea, mentre l’art. 1136, 6 co., c.c. attribuisce all’assemblea, e per essa al suo presidente, di controllare la regolarità degli avvisi di convocazione.
La S.C. precisa che l’obbligo posto in capo all’amministratore di convocare tutti i condòmini, non esime l’assemblea dall’obbligo di verificare la regolarità delle medesime convocazioni.
Cass. n. 29878/2019

L’amministratore del condominio, ai sensi dell’art. 1130 c.c., deve disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune in modo che ne sia assicurato il migliore godimento a tutti i condomini. Laddove l’edificio presenti dei difetti strutturali l’amministratore deve compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Deve, tuttavia, rilevarsi che detti interventi, nel caso siano complessi, devono essere autorizzati dall’assemblea che dovrà anche farsi carico della relativa spesa. Va ravvisata la responsabilità concorrente e solidale di appaltatore, progettista e direttore dei lavori, in applicazione del principio di cui all’articolo 2055 c.c., tutte le volte in cui il vizio o difetto dipenda da un evento in relazione al quale sussiste un obbligo di controllo o di verifica a carico di tutti i predetti soggetti.
Cass. n. 2423/2018

Non solo in caso di nomina o revoca dell’amministratore, ma anche in quello di conferma è necessaria la maggioranza di cui all’art. 1136 4 c.c., trattandosi di delibere che hanno contenuto ed effetti giuridici uguali. La c.d. “conferma del mandato” deliberata dai condomini nel corso dell’assemblea, “non è altro che la rinnovazione dei poteri gestori, atteso che essa determina la riespansione delle funzioni amministrative nella loro pienezza con effetti analoghi al provvedimento di nomina”.
L’equiparazione della delibera avente ad oggetto la conferma a quella relativa alla nomina dell’amministratore, in considerazione dei poteri e funzioni conferiti con il mandato rinnovati con la conferma, si risolve con l’applicazione del disposto di cui all’art. 1136 IV co., c.c. al fine del quorum, richiedendo, dunque, la maggioranza qualificata.
Corte d’Appello di Palermo 30 ottobre 2018 n. 2158

Costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 1129 c.c., tale da determinare la revoca dell’amministratore di condominio, l’inerzia di quest’ultimo rispetto a plurime violazioni del regolamento condominiale, quali l’occupazione degli spazi comuni e la stenditura di panni dai balconi, in quanto espressamente vietate. Natura dell’incarico di amministratore di condominio.
L’incarico di amministratore di condominio è assimilabile al mandato con rappresentanza volontaria, ossia un mandato conferito collettivamente dall’assemblea dei condomini con decisione maggioritaria, dove ogni condomino, comunque, mantiene individualmente il diritto, scaturente dal suddetto rapporto di mandato di cui è parte, a che la gestione della cosa comune avvenga in maniera corretta e trasparente.
Da ciò discende che ciascun condomino ha un generico potere di controllo sull’esecuzione del mandato gestorio, nonché, in caso di grave inadempimento, il diritto di pretenderne la risoluzione.
Per questo motivo l’art. 1129 c.c. prevede, qualora ricorrano gravi irregolarità, la facoltà del singolo condomino di richiedere direttamente all’autorità giudiziaria la revoca dell’amministratore, a prescindere dalla preventiva consultazione dell’assemblea condominiale (eccetto il caso di gravi irregolarità fiscali o di mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente intestato al condominio per le quali la preventiva convocazione è imposta).
Tribunale di Milano 28 marzo 2018, n. 955

Ai sensi dell’articolo 1130 c.c., co. 1, n. 4 e articolo 1131 c.c. l’amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere in quanto tale atto è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
In tal senso la S.C. non ha ritenuto necessaria l’autorizzazione dell’assemblea affinché l’amministratore potesse agire in giudizio, in quanto oggetto della causa era esclusivamente la rimozione della struttura di parte controricorrente limitante la corretta fruizione del comune cavedio. La previa delibera autorizzativa ad litem da parte dell’assemblea condominiale, quindi, non era necessaria. Anche in continuità con il condiviso e consolidato orientamento della Cassazione, la S.C. conferma il principio secondo cui “l’amministratore è legittimato, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere in quanto tale atto è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio”.
Cass. n. 23890/2016

La sostituzione del cancello meccanico con un altro automatizzato non deve intendersi quale “innovazione”, rappresentando una mera “modifica” della parte comune. Inoltre, la ripartizione della spesa tra i condòmini non può essere deliberata dall’assemblea in deroga ai criteri millesimali o a quanto stabilito dall’articolo 1123 c.c. Nel merito si era deciso di ripartire il costo dell’automatizzazione in parti uguali in capo ai soli titolari dei boxes, ai quali si sarebbe dovuto consegnare, in via esclusiva, il telecomando di accesso e, di fatto, privando dell’accesso anche dalla predetta area interna ad uno dei condomini titolare di una villetta ubicata internamente al condominio in questione.
Secondo la Cassazione i criteri stabiliti dall’art. 1123 c.c. e/o, ancor prima dal regolamento e/o della tabelle millesimale, possono essere derogati, secondo quanto prescrive espressamente l’indicata norma, soltanto da una convenzione sottoscritta da tutti i condòmini interessati. I contributi per la conservazione del bene sono dovuti, infatti, da ciascun compartecipe in ragione dell’appartenenza e si dividono in proporzione alle quote, indipendentemente dal vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti comuni a servire in misura diversa i singoli piani o porzione di piano.
Tribunale di Palermo sent. del 26 marzo 2016

L’amministratore di condominio, in base al disposto dell’art. 1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione. La ratifica vale, quindi, a sanare l’operato d’urgenza dell’amministratore.
Cass. SS.UU. n. 18331/10

L’amministratore del condominio non è legittimato a concludere il contratto d’assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto la autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione.
La disposizione dell’art. 1130 c.c., comma 4 obbligando l’amministratore ad eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, ha inteso chiaramente riferirsi ai soli atti materiali (riparazione di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali può farsi rientrate il contratto d’assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la norma dell’art. 1130 c.c., ma ha come suo unico e diverso fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato.
Cass. n. 15872/10

L’amministratore del condominio e’ legittimato, senza la necessità di una specifica autorizzazione dell’assemblea, ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condomini e dei terzi, ai sensi dell’articolo 1130 n. 4 del Codice Civile, al fine di compiere gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Tale disposizione non si riferisce soltanto alle misure cautelari, ma anche a tutti gli atti diretti a conservare l’esistenza delle parti comuni quali, ad esempio:

conseguire la demolizione della soprelevazione realizzata in violazione delle prescrizioni e delle cautele fissate dalle norme speciali antisismiche;

ottenere la rimozione di alcuni vani costruiti sull’area solare dell’ultimo piano;

conseguire la demolizione della costruzione effettuata, anche alterando l’estetica della facciata dell’edificio, sulla terrazza di copertura;

in via possessoria, contro la sottrazione, ad opera di taluno dei condomini, di una parte comune dell’edificio al compossesso di tutti i condomini;

chiedere il risarcimento dei danni, qualora l’istanza appaia connessa con la conservazione dei diritti sulle parti comuni;

instaurare il giudizio per la rimozione di finestre da taluni condomini aperte abusivamente, in contrasto con il regolamento, sulla facciata dello stabile condominiale.
Cass. n. 14626/10

Nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale deve considerarsi compresa l’attività dell’amministratore connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, che, perciò non può comportare il riconoscimento di una retribuzione a parte.
Cass. n. 10204/1

L’amministratore di condominio, quale mandatario dei condomini unicamente in relazione all’attività di gestione e conservazione delle parti comuni, non è legittimato ad agire in giudizio per ottenere l’equa riparazione del danno subito dai condomini per l’eccessiva durata delle cause condominiali, salvo il caso di mandato espresso e unanime di tutti i comproprietari.
Cass. n. 22558/09

Per il recupero della morosità condominiale l’amministratore può riscuotere le quote degli oneri condominiali in forza di un bilancio preventivo, sino a quando questo non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato.
Cass. n. 24299/0

L’amministratore di condominio è tenuto, tramite i poteri e doveri di controllo che gli sono imputati dal codice civile e da precise disposizioni di leggi speciali, ad impedire che il modo di essere dei beni condominiali provochi danni ai condomini o a terzi; sicché, egli si viene a trovare nella posizione di custode rispetto a tali beni e può, pertanto, rispondere di detti danni.
Cass. n. 25251/0

L’amministratore che viene a conoscenza del decesso di un condomino, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna particolare ricerca, non è tenuto ad inviare alcun avviso fino a quando gli eredi non gli manifesteranno la loro qualità.
Cass. n. 6926/07

In materia di condominio negli edifici, l’eliminazione di un bene comune non rientra nei poteri dell’amministratore, neppure allorquando sia finalizzata al rispetto della normativa antincendio, potendo l’amministratore, in caso di urgenza, soltanto procedere all’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria, riferendo alla prima assemblea utile, senza mai pero eliminare totalmente la struttura comune o apportarvi modifiche incidenti sul decoro architettonico, a meno che non vi sia successiva ratifica dell’assemblea.
Cass. n. 1382/07

Anche una persona giuridica può essere nominata amministratore del condominio negli edifici. Il rapporto di mandato istituito nei confronti delle persone suddette, infatti, quanto all’adempimento delle obbligazioni ed alla relativa imputazione della responsabilità, può essere caratterizzato dagli stessi indici di affidabilità, che contrassegnano il mandato conferito ad una persona fisica, infatti è lecita la nomina di una società di capitali nominata ad amministratore del condomini – in virtù dell’art. 1105 c.c., che attribuisce a tutti i partecipanti il diritto di concorrere nell’amministrazione della cosa comune, non è corretto escludere dall’amministrazione il partecipante al condominio che sia una persona giuridica. Cass. n. 22840/06

La funzione di amministratore di condominio è assimilabile alla gestione di un mandato con rappresentanza con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l’amministratore e i singoli condomini, dell’art. 1720 c.c. secondo cui il mandante deve, fra l’altro, pagare al mandatario il compenso che gli spetta.
Cass. n. 7498/06

In tema di modalità di redazione del rendiconto da parte dell’amministrazione del condominio, deve escludersi che la mancata, analitica indicazione dei nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e degli importi da ciascuno di essi dovuti incida sulla validità della delibera di approvazione del medesimo, non comportando siffatta omissione neppure una irregolarità formale di detta delibera, sempre che le poste attive e passive risultino correttamente iscritte nel loro importo.
Cass. n. 1544/04

In tema di condominio di edifici, l’istituto della prorogatio imperii – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministratore – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell’opera dell’amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all’art. 1129, comma 2, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina.
Ne consegue che in presenza di fabbricato formato da due scale, ciascuna, con un proprio condominio, l’assemblea per la costituzione di un unico condominio dell’intero fabbricato va a tale stregua, nelle more della nomina del relativo amministratore, considerata correttamente convocata dagli amministratori dei due preesistenti condomini, nonostante l’illegittimità della relativa nomina discenda direttamente ed automaticamente dall’illegittima costituzione dell’assemblea che li ha nominati, per illegittimità della costituzione di separati condomini per le due scale di un medesimo fabbricati; nè osta al riguardo il dettato di cui all’art. 66, comma 2, c.c., in quanto il potere di convocare l’assemblea da tale norma attribuito a ciascun condomino presuppone la mancanza dell’amministratore, che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione per qualsivoglia causa del mandato dell’amministratore o di illegittimità della sua nomina. È ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 cost., avverso il decreto con cui la corte di appello provvede in sede di reclamo sul decreto del tribunale che ha pronunziato, su istanza di alcuni condomini, in tema di revoca dell’amministratore di condominio.
Cass. n. 184/03

Il principio secondo cui l’amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’art. 1129 c.c. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuare ad esercitarli fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio di poteri all’interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore cessato dall’incarico.
Cass. n. 15858/02

Il procedimento di nomina o revoca dell’amministratore di condominio, anche quando si inserisce in una situazione di conflitto tra condomini o tra alcuni di essi e l’amministratore, ha natura di procedimento di volontaria giurisdizione che si sottrae alle regole generali in materia di spese processuali. Ne consegue che le spese relative a questo procedimento rimangono a carico del soggetto che le ha anticipate assumendo l’iniziativa giudiziaria o intervenendo nel giudizio.
Cass. n. 4706/01

L’amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Pertanto, a norma dell’art. 1713 c.c., alla scadenza l’amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell’esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono.
Cass. n. 10815/00

In tema di condominio di edifici, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni (art. 1131 comma secondo, cod. civ.) ed è legittimato a resistere, analogamente e correlativamente, in rappresentanza del condominio ed a proporre tutte le azioni che si rendessero necessarie senza alcuna autorizzazione dell’assemblea.
Cass. n. 6407/00

L’amministratore del condominio è legittimato senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condomini e dei terzi al fine di: a) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini; b) disciplinare l’uso delle cose comuni così da assicurare il godimento a tutti i partecipanti al condominio; c) riscuotere dai condomini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea; d) compiere gli atti conservati dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
Cass. n. 14088/99

In base agli art. 1130 e 1131 c.c. la legittimazione processuale attiva dell’amministratore di un condominio è delimitata dai poteri sostanziali spettantigli per legge o ampliati, nell’ambito della realizzazione dell’interesse comune, dal regolamento condominiale o da valida delibera dell’assemblea.
Pertanto le delibere che l’amministratore, ai sensi dell’art. 1130 n. 1 c.c., è legittimato ad eseguire, agendo a tal fine anche in giudizio, sono soltanto quelle che rientrano nei poteri deliberativi dell’assemblea e perciò non incidono sui diritti esclusivi dei singoli condomini.
Cass. n. 278/97

Le norme del codice civile sulla nomina, la revoca e l’attività dell’amministratore del condominio negli edifici (artt. 1129 c.c. 64 e 65 att. c.c.) non escludendo la possibilità che l’amministrazione del condominio sia affidata ad una pluralità di amministratori dato che, per un verso, la carenza di una specifica disposizione per l’individuazione tra i diversi amministratori di quello tenuto a rappresentare il condominio nei rapporti con i terzi comporta solo, ai sensi dell’art. 1131 c.c., l’attribuzione a tutti del potere di rappresentanza anche nei confronti di terzi e che, per altro verso, grazie al rinvio alle norme sulla comunione, operato dall’art. 1139 c.c., deve ritenersi applicabile al condominio negli edifici l’art. 1106 c.c., che, per una esigenza di tutela degli interessi dei comproprietari e di razionalizzazione delle amministrazioni particolarmente complesse, comune anche al condominio negli edifici, espressamente consente la delega per l’amministrazione della cosa comune ad uno o più partecipanti o anche ad un estraneo.
Ne consegue la possibilità che l’amministrazione del condominio sia affidata anche ad una società di fatto in cui la disciplina del potere di amministrazione come derivante da un rapporto di mandato fra la collettività dei soci amministratori (art. 2260 c.c.) e l’attribuzione, nei rapporti esterni, della rappresentanza del socio amministratore (art. 2266 c.c.) presenta un notevole parallelismo con quella dell’art. 1131 c.c., alla quale aggiunge la predisposizione di regole legali per la risoluzione del conflitto tra gli amministratori (art. 2257), dovendosi escludere che la possibilità di inserimento di nuovi soci, nelle società di persone, si rilevi incompatibile con il carattere personale del mandato conferito all’amministratore dall’assemblea dei condomini, dato che, come nel caso di nomina dell’amministratore unico, che è dotato della facoltà di delega dei suoi poteri ad un sostituto, l’intuitus personae risiede nella originaria scelta del mandatario e che l’ingresso di nuovi soci non riduce, ma semmai accresce, la garanzia per i condomini.
Cass. n. 11155/94